La vera meraviglia della poesia (e del canto) consiste proprio nell’indissolubile intreccio tra significato e suono, tra prosodia (aspetti ritmici e melodici di cui il metro poetico è parte fondante) e aspetti legati ai significati che le parole evocano. Il mondo dei significati presenta una ricchezza inesauribile e permea l’uomo rendendolo creatura speciale tra le creature del mondo. Eppure posso tranquillamente ammettere che passerei ore ed ore a tradurre poesie italiane nella lingua dei suoni privi di significato. Anche senza aver studiato mi sento un’esperta nel campo, comunque poco frequentato. Mi dà molta serenità pensare per suoni e non per significato, e quando trovo la giusta sonorità, quella che rispetta più parametri possibili, lunghezza della parola, consonante affine per suono, rima, ritmo dell’intera frase poetica, allora provo gioia. Sento che tutto combacia misteriosamente, aderisce ad una modalità antica e primaria di esperire il mondo, che con il passare del tempo – acquisendo la madrelingua – abbiamo necessariamente perduto in un momento lontano dell’ infanzia, quando il suono delle parole era tutto, perché il significato non aveva spodestato la meraviglia del suono, del ritmo e della melodia della parola, della frase, del flusso del discorso. E così mi ricordo com’era non capire. Rileggendo la poesia trasformata riprovo l’incanto del mondo che arriva per altre strade, (tante! ricche! dolci! inquetanti! ). Il mondo parzialmente privo di nomi della primissima infanzia è un mondo emotivamente meno mediato, nel bene e nel male (le parole come filtro, nel bene e nel male). Eppure a volte, improvvisamente, sentiamo il fascino del suono di alcune parole. Come si può negare la bellezza dei verbi in –are in italiano! Come dare il senso del tempo infinito se non con il meraviglioso suffisso ARE ? Camminare, andare, guardare, sognare. I verbi della seconda e terza coniugazione, vedere, uscire, servire sono meno impressionanti. Quando nelle poesie o nelle canzoni trovo le A aperte di are, verbo all’infinito, si apre il varco verso il mondo del suono senza significato e dalla soglia lo scruto con vertigine. Restare in bilico tra questi due grandi mondi, è entrare in possesso di due diverse chiavi per la ricezione e la comprensione dell’unico mondo nel quale viviamo.