5 Minuti di vento

5 Minuti di vento, 2022, ogni foglio  30 x 30 cm, vento, fusaggine argentata, olio di lino su carta cotone, installation view, Galleria Michela Rizzo, Venice, (In)visible fields. Space as energy a cura di Elena Forin, foto Sergio Martucci 

Lavori realizzati tramite l’anemometro, strumento comunemente utilizzato in meteorologia per misurare la velocità del vento.
Come comunemente accade nei miei lavori ho preferito la misurazione empirica a quella tecnologica ed ho quindi tagliato i cavi di trasmissione dei dati dell’anemometro e ho applicato invece ad ogni coppetta singoli fili di lana che intinti in olio di lino trasportano, ruotando, spinti dal vento, la polvere di fusaggine appoggiata sulla carta. L’anemometro viene posto al centro del foglio ed esposto al vento naturale per 5 minuti. Il disegno circolare varia a seconda della velocità del vento, della sua durata, di eventuali cambi di rotta, interruzioni o assenza completa di spinta propulsiva.

  

Lavori realizzati tramite l’anemometro, strumento comunemente utilizzato in meteorologia per misurare la velocità del vento.
Come comunemente accade nei miei lavori ho preferito la misurazione empirica a quella tecnologica ed ho quindi tagliato i cavi di trasmissione dei dati dell’anemometro e ho applicato invece ad ogni coppetta singoli fili di lana che intinti in olio di lino trasportano, ruotando, spinti dal vento, la polvere di fusaggine appoggiata sulla carta. L’anemometro viene posto al centro del foglio ed esposto al vento naturale per 5 minuti. Il disegno circolare varia a seconda della velocità del vento, della sua durata, di eventuali cambi di rotta, interruzioni o assenza completa di spinta propulsiva.Ciò che mi interessa è il tendere verso una oggettività meccanica, mai completamente raggiunta visto che l’anemometro così rielaborato risulta intriso di soggettività. Mi interessa il campo di tensione tra soggettivo ed oggettivo. La trasformazione da strumento tecnologico a strumento meccanico/empirico vanifica il raggiungimento dell’oggettività, la quale resta, tuttavia, un ideale a cui tendere, una tensione verso.

 

foto Sergio Martucci

foto Sergio Martucci

foto Sergio Martucci 

5 Minuti di vento2022-10-29T19:01:55+00:00

Nuages

Nuages

fotografie stenopeiche monotipi, misure variabili, max 12 x 10 cm, 2017

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                 

                                                                                                                                                                                                      

 

                                                                         

 

 

                                              

 

               

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Ciclo di 30 fotografie  realizzato durante la seconda residenza presso la Fondation Camargo, Cassis, 2018

 

Ciclo di 30 fotografie  realizzato durante la seconda residenza presso la Fondation Camargo, Cassis., 2018   Ho ripreso il fenomeno passeggero e fugace delle nuvole  con la tecnica della fotografia stenopeica:  una semplice scatola di cartone con un foro attraverso cui può passare un fascio luminoso e una carta fotosensibile al suo interno diventa il mezzo rudimentale – una camera ottica artigianale – con cui fotografare en plain air. Il processo è puramente meccanico e i suoi risultati empirici: l’immagine finale dipende da molte variabili che sfuggono al controllo ed è la somma di tutto quello che è accaduto durante il lungo tempo di esposizione: l’inclinazione del sole cambia, passa una nuvola, l’intensità della luce si affievolisce, il vento muove le nuvole.  Si tratta nel vero senso della parola di impronte che testimoniano l’esistenza delle cose che le lasciano, prove di ciò che è stato, testimonianze meccanicamente fedeli seppur opache della realtà.

 

 

Nuages2020-12-18T10:13:15+00:00

Plantes

Plantes

fotografie stenopeiche monotipi, misure massime 10 x 12,  2016

primo ciclo di fotografie stenopeiche, tecnica che si avvale di una semplice scatola di cartone con un foro attraverso cui passa la luce che imprime l’immagine sulla carta fotosensibile che si trova all’interno. Serie realizzata durante la mia prima residenza d’artista alla Fondation Camargo, Cassis nel 2016. I tempi di esposizione in questo caso sono molto lunghi, si va da 1 ora a un’ora e mezza per cogliere il momento prima della scomparsa definitiva dell’immagine, prove dell’esistenza delle cose.

https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2019/09/versus-marzia-migliora-mariateresa-sartori/

Museo di palazzo Poggi, Bologna 2017 .                                                     CAIRN centre d’art, Digne-les-Bains, 2018

Plantes2019-10-13T14:34:28+00:00

Feuilles

Feuilles

fotografie stenopeiche,monotipi, 2019 Fondazione Querini Stampalia, Venezia

Dire il tempo Roman Opalka Mariateresa Sartori, a cura di Chiara Bertola

 

 

 

 

Feuilles

exhibition view Monde dis-moi tout,  Cairn Centre d’art, Digne-les-Bains, 2019

photo François-Xavier Emery

Fotografie stenopeiche realizzate durante la residenza d’artista al Cairn centre d’art, Digne-les-Bains in Francia nel 2018. Mariateresa Sartori è partita da un’ampia campionatura di foglie che ha raccolto e ripreso con la tecnica della fotografia stenopeica. Una semplice scatola di cartone con un foro attraverso cui può passare un fascio luminoso e una carta fotosensibile al suo interno diventa il mezzo rudimentale – una camera ottica artigianale – con cui fotografare en plain air le foglie raccolte.

Il processo è puramente meccanico e i suoi risultati empirici: l’immagine finale dipende da molte variabili che sfuggono al controllo ed è la somma di tutto quello che è accaduto durante il lungo tempo di esposizione: l’inclinazione del sole cambia, passa una nuvola, l’intensità della luce si affievolisce, il vento muove le foglie. Si tratta nel vero senso della parola di impronte che testimoniano l’esistenza delle cose che le lasciano, prove di ciò che è stato, testimonianze meccanicamente fedeli seppur opache della realtà.

 

 

  di Chiara Bertola e Sergio Risaliti, in : Dire il tempo Mariateresa Sartori, ed. Gli Ori, 2019

Dire il tempo. Mariateresa Sartori 

Feuilles2019-11-18T19:37:03+00:00

Cronache

Cronache

fotografie stenopeiche, monotipi,misure variabili, site specific Fondazione Querini Stampalia, Venezia 2019,

Dire il tempo Roman Opalka Mariateresa Sartori, a cura di Chiara Bertola, foto allestimento Michele Alberto Sereni

 

Cronache

Inseguendo l’ordine del tempo, a cura di Chiara Fumai, Galleria Doppelgaenger, Bari 2019, foto Beppe Gernone

 

L’opera è la rielaborazione di frammenti di quadri della sala mitologica del Museo della Fondazione Querini Stampalia  tramite il processo della fotografia stenopeica che si avvale di una semplice scatola di cartone con un foro attraverso cui passa la luce che imprime l’immagine sul foglio di carta fotosensibile inserito all’interno. Il procedimento la rende molto vicina alla fisiologia umana: la scatola è la testa, il foro è l’occhio, la carta fotosensibile è la retina. Si tratta di un processo meccanico su cui la possibilità di intervento è sensibilmente limitata: le variabili sulle quali non si può esercitare controllo sono innumerevoli e contribuiscono al risultato finale che è la somma di tutto quello che è accaduto durante i lunghi tempi di esposizione. Nell’opera site specific Cronache concepita appositamente per il Museo della Fondazione Querini Stampalia il passaggio da un’immagine ad un’altra immagine filtrata dal procedimento stenopeico rimanda ai processi mnemonici e a come le immagini si imprimono (in senso letterale) nella nostra memoria. I frammenti stenopeici delle opere queriniane sono intesi come tracce di memoria che prendono nuova vita assumendo significati diversi così come frammentata si presenta la nostra memoria delle cose, sfuocata e imprecisa. La fotografia stenopeica è per le sue caratteristiche intrinseche insieme impronta meccanica e traccia mnemonica.

L’opera è la rielaborazione di frammenti di quadri della sala mitologica del Museo della Fondazione Querini Stampalia  tramite il processo della fotografia stenopeica che si avvale di una semplice scatola di cartone con un foro attraverso cui passa la luce che imprime l’immagine sul foglio di carta fotosensibile inserito all’interno. Il procedimento la rende molto vicina alla fisiologia umana: la scatola è la testa, il foro è l’occhio, la carta fotosensibile è la retina. Si tratta di un processo meccanico su cui la possibilità di intervento è sensibilmente limitata: le variabili sulle quali non si può esercitare controllo sono innumerevoli e contribuiscono al risultato finale che è la somma di tutto quello che è accaduto durante i lunghi tempi di esposizione. Nell’opera site specific Cronache concepita appositamente per il Museo della Fondazione Querini Stampalia il passaggio da un’immagine ad un’altra immagine filtrata dal procedimento stenopeico rimanda ai processi mnemonici e a come le immagini si imprimono (in senso letterale) nella nostra memoria. I frammenti stenopeici delle opere queriniane sono intesi come tracce di memoria che prendono nuova vita assumendo significati diversi così come frammentata si presenta la nostra memoria delle cose, sfuocata e imprecisa. La fotografia stenopeica è per le sue caratteristiche intrinseche insieme impronta meccanica e traccia mnemonica. Le immagini sottoposte a questo processo acquistano sorprendentemente l’oggettività di radiografie prive dei loro riferimenti temporali di origine. Il vecchio con la barba, il cagnolino, il fanciullo, gli elementi vegetali escono dalla narrazione del proprio tempo e diventano improvvisamente – e drammaticamente – attuali agli occhi di chi le osserva, fatti di cronaca contemporanea che ciascuno di noi può reperire dentro la propria personale memoria.

testi critici di Chiara Bertola e Sergio Risaliti in: Dire il tempo Mariateresa Sartori, ed. Gli Ori, 2019 

Dire il tempo. Mariateresa Sartori

 

Cronache2019-11-18T19:30:42+00:00

Il tempo del suono. Onde

Il tempo del suono. Onde 

carboncino su carta, 380 x 660 cm, 2019 Galleria Doppelgaenger, Bari 

Opera site specific, in basso  immagini del lavoro installato al Cairn Centre d’art, Digne-les-Bains, 2018, alla Fondazione Querini Stampalia, Venezia, 2019 e alla Galleria Dopplegaenger, Bari 2019. Foto: François-Xavier Emery,  Michele Alberto Sereni,  Beppe Gernone

Traduzione in forma visiva del suono delle onde del mare in tempo reale.  In spiaggia di fronte alle onde, seduta su di uno sgabellino portatile, premo sulla carta il carboncino in modo più o meno forte, più o meno a lungo, cercando la sincronia completa tra suono dell’onda e mano. Il susseguirsi di suoni sempre uguali e sempre diversi imprime il segno, passando attraverso la mano che diviene mero strumento, una sorta di sismografo che trascrive il tracciato sonoro. E’ un esercizio di attenzione e di ricerca di una (inarrivabile) oggettività meccanica.

 

 

Traduzione in forma visiva del suono delle onde del mare in tempo reale.  In spiaggia di fronte alle onde, seduta su di uno sgabellino portatile, premo sulla carta il carboncino in modo più o meno forte, più o meno a lungo, cercando la sincronia completa tra suono dell’onda e mano. Il susseguirsi di suoni sempre uguali e sempre diversi imprime il segno, passando attraverso la mano che diviene mero strumento, una sorta di sismografo che trascrive il tracciato sonoro. E’ un esercizio di attenzione e di ricerca di una (inarrivabile) oggettività meccanica.

Ciò che mi interessa è la tensione verso l’oggettivazione, il tendere verso, lo sforzo di svuotamento dal sé per arrivare ad essere cassa di risonanza. Non è l’oggettività raggiunta (se mai fosse possibile) che mi interessa quanto la tensione verso. Trattandosi di una trascrizione utilizzo semplici fogli rigati, tipici della notazione, che riempio uno dopo l’altro, a ritmo costante, onda dopo onda, suono dopo suono. Il principio della variazione (non esistono due suoni di onda uguali) diviene sempre più evidente grazie al crescere dei fogli. La dimensione dell’opera è variabile, adattabile al luogo, ma è indispensabile che sia sufficientemente grande per poter esprimere il principio dell’unicità dell’evento che si ripete sempre uguale sempre diverso. A questo proposito mi piace riportare un breve testo di Leibniz tratto da Nuovi Saggi sull’intelletto umano, scritto nei primi anni del Settecento.

Ora, per chiarire ancor meglio cosa intendo per piccole percezioni che non potremmo distinguere nel loro insieme, sono solito servirmi dell’esempio del mugghio o rumore del mare dal quale si è colpiti quando si è sulla spiaggia. Per udire questo rumore per come lo si ode, bisogna bene che se ne odano le parti che compongono il tutto, cioè il rumore di ciascuna onda, per quanto ciascuno di questi piccoli rumori non si faccia sentire che nell’insieme confuso di tutti gli altri, e che neppure si avvertirebbe se l’onda che lo producesse fosse sola: occorre infatti essere colpiti un poco dal movimento di quest’onda e che si abbia una qualche percezione di ciascuno di tali rumori, per piccoli che siano; altrimenti non si avrebbe quella di centomila onde, poiché centomila nulla non riescono a produrre alcunché”.

Dire il tempo. Mariateresa Sartori, testi critici di Chiara Bertola e Sergio Risaliti, ed. Gli Ori, 2019

Dire il tempo. Mariateresa Sartori

Il tempo del suono. Onde2019-11-18T19:27:33+00:00